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f1: il film

joseph kosinski
(2025)

f1: il film joseph kosinski (2025)

Uno spot esaltante, pulito, politicamente corretto e divertente della Formula 1. Si può sostanzialmente ridurre a questo il film con Brad Pitt nei panni del pilota veterano Sonny Hayes. Quello che i produttori avevano in mente era probabilmente dar vita a una vetrina nella quale mostrare tutta la bellezza della Formula 1, proponendola al pubblico nella miglior veste possibile, quella “accessibile” anche ai non appassionati di motori. Questa versione di Hollywood della categoria motoristica più importante al mondo riesce a proporre il meglio dal punto di vista tecnologico e della messa in scena: il film ha il grande pregio di calarsi perfettamente nella realtà che decide di raccontare.

Uno spot esaltante, pulito, politicamente corretto e divertente della Formula 1. Si può sostanzialmente ridurre a questo il film con Brad Pitt nei panni del pilota veterano Sonny Hayes. Quello che i produttori avevano in mente era probabilmente dar vita a una vetrina nella quale mostrare tutta la bellezza della Formula 1, proponendola al pubblico nella miglior veste possibile, quella “accessibile” anche ai non appassionati di motori. Questa versione di Hollywood della categoria motoristica più importante al mondo riesce a proporre il meglio dal punto di vista tecnologico e della messa in scena: il film ha il grande pregio di calarsi perfettamente nella realtà che decide di raccontare.

Quella che ci viene mostrata è la vera F1, con i veri piloti, i veri addetti ai lavori, i veri circuiti, le vetture reali; tutto trasuda veridicità e il realismo con cui sono state girate le scene in pista raggiunge la perfezione, grazie a un dispiego di mezzi pazzesco e a una regia ottima e sempre sul pezzo. Il risultato è una Formula 1 molto più bella, romantica e appassionante di quella reale, con emozioni caricate a mille e ogni tipo di criticità furbescamente eliminata. A latitare, purtroppo, è tutto il resto: trama, impianto narrativo e personaggi sono un concentrato di semplificazioni e banalità, un contorno utile solo a portare avanti la storia verso la curva successiva.

Quella che ci viene mostrata è la vera F1, con i veri piloti, i veri addetti ai lavori, i veri circuiti, le vetture reali; tutto trasuda veridicità e il realismo con cui sono state girate le scene in pista raggiunge la perfezione, grazie a un dispiego di mezzi pazzesco e a una regia ottima e sempre sul pezzo. Il risultato è una Formula 1 molto più bella, romantica e appassionante di quella reale, con emozioni caricate a mille e ogni tipo di criticità furbescamente eliminata. A latitare, purtroppo, è tutto il resto: trama, impianto narrativo e personaggi sono un concentrato di semplificazioni e banalità, un contorno utile solo a portare avanti la storia verso la curva successiva.

Il rapporto tra il giovane inesperto e il vecchio veterano, il grande riscatto finale, la corsa contro il tempo per la salvezza, la storia d’amore, i traumi del passato che ritornano, le belle speranze infrante: tutto grida prevedibilità, tutto sa di già visto. Nessuna vera sorpresa, per una storia già tutta li sin dai primi minuti, ma che forse proprio per questo è piaciuta così tanto al pubblico. Sai sempre cosa aspettarti e riesci a vedere gare molto più divertenti e appassionanti di quelle vere: lo spot pubblicitario perfetto.

Il rapporto tra il giovane inesperto e il vecchio veterano, il grande riscatto finale, la corsa contro il tempo per la salvezza, la storia d’amore, i traumi del passato che ritornano, le belle speranze infrante: tutto grida prevedibilità, tutto sa di già visto. Nessuna vera sorpresa, per una storia già tutta li sin dai primi minuti, ma che forse proprio per questo è piaciuta così tanto al pubblico. Sai sempre cosa aspettarti e riesci a vedere gare molto più divertenti e appassionanti di quelle vere: lo spot pubblicitario perfetto.

La Formula 1 non è mai stata così bella e appassionante: un film ben fatto, girato magnificamente e dove tutto trasuda realismo. Alla fine è il solito e banalissimo film sportivo, ma si lascia guardare dai.

#Cinema #CineSky #RecensioniFuoriTempo

14.11.2025 08:14 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
house of 
guinness
 
(2025)

house of guinness (2025)

Steven Knight pensa agli orfani di Peaky Blinders e decide di dar vita a una serie che cerca in qualche modo di ricalcarne lo stile, seppur spostandosi su altri lidi e altre storie. Qui si parla di storie più o meno vere, fatti reali che vengono rimaneggiati per dar vita a intrecci, amori, azione e violenza: la storia è quella della Guinness - la famosa fabbrica di birra di Dublino - alla fine dell’800, nell’esatto momento in cui il patriarca della famiglia è morto lasciando il suo impero in eredità ai quattro figli.

Steven Knight pensa agli orfani di Peaky Blinders e decide di dar vita a una serie che cerca in qualche modo di ricalcarne lo stile, seppur spostandosi su altri lidi e altre storie. Qui si parla di storie più o meno vere, fatti reali che vengono rimaneggiati per dar vita a intrecci, amori, azione e violenza: la storia è quella della Guinness - la famosa fabbrica di birra di Dublino - alla fine dell’800, nell’esatto momento in cui il patriarca della famiglia è morto lasciando il suo impero in eredità ai quattro figli.

Il racconto nella sua forma e sviluppo è classico, andando sul sicuro con le “solite” storie di eredità e successione, di imperi che si espandono perdendo la loro anima e di compromessi con se stessi e con la propria natura pur di raggiungere il successo. Niente di nuovo sotto il sole ma è la cornice in cui tutto questo è racchiuso ad accendere la scintilla di House of Guinness: Knight è un vecchio volpone e oltre a far filare le sue storie lisce come l’olio le circonda di “figaggine”: Fontaines D.C. e tutto l’alternative rock del mondo mescolato con la musica tradizionale a fare da colonna sonora, protagonisti bellissimi e “maledetti”, violenza e sesso, esplosioni con tanto di rallenty.

Il racconto nella sua forma e sviluppo è classico, andando sul sicuro con le “solite” storie di eredità e successione, di imperi che si espandono perdendo la loro anima e di compromessi con se stessi e con la propria natura pur di raggiungere il successo. Niente di nuovo sotto il sole ma è la cornice in cui tutto questo è racchiuso ad accendere la scintilla di House of Guinness: Knight è un vecchio volpone e oltre a far filare le sue storie lisce come l’olio le circonda di “figaggine”: Fontaines D.C. e tutto l’alternative rock del mondo mescolato con la musica tradizionale a fare da colonna sonora, protagonisti bellissimi e “maledetti”, violenza e sesso, esplosioni con tanto di rallenty.

Il racconto nella sua forma e sviluppo è classico, andando sul sicuro con le “solite” storie di eredità e successione, di imperi che si espandono perdendo la loro anima e di compromessi con se stessi e con la propria natura pur di raggiungere il successo. Niente di nuovo sotto il sole ma è la cornice in cui tutto questo è racchiuso ad accendere la scintilla di House of Guinness: Knight è un vecchio volpone e oltre a far filare le sue storie lisce come l’olio le circonda di “figaggine”: Fontaines D.C. e tutto l’alternative rock del mondo mescolato con la musica tradizionale a fare da colonna sonora, protagonisti bellissimi e “maledetti”, violenza e sesso, esplosioni con tanto di rallenty.

Il racconto nella sua forma e sviluppo è classico, andando sul sicuro con le “solite” storie di eredità e successione, di imperi che si espandono perdendo la loro anima e di compromessi con se stessi e con la propria natura pur di raggiungere il successo. Niente di nuovo sotto il sole ma è la cornice in cui tutto questo è racchiuso ad accendere la scintilla di House of Guinness: Knight è un vecchio volpone e oltre a far filare le sue storie lisce come l’olio le circonda di “figaggine”: Fontaines D.C. e tutto l’alternative rock del mondo mescolato con la musica tradizionale a fare da colonna sonora, protagonisti bellissimi e “maledetti”, violenza e sesso, esplosioni con tanto di rallenty.

House of Guinness non sarà la serie dell'anno, ma funziona bene, ha il giusto grado di "figaggine" ed è scritta con cognizione di causa. E poi si parla di birra...

12.11.2025 09:03 — 👍 2    🔁 1    💬 0    📌 0
batman day
2025

AA.VV.
panini (2025)

batman day 2025 AA.VV. panini (2025)

Il Batman Day è da un po’ di tempo occasione perfetta per Panini di pubblicare volumi “commemorativi” capaci di raccogliere al loro interno storie più o meno lunghe e più o meno varie dedicate all’Uomo Pipistrello. A volte ci si è concentrati su temi specifici ma mai come quest’anno si è deciso di puntare tutto sulla varietà, intitolando il lavoro “I Tanti Volti del Cavaliere Oscuro”. Nelle quattro brevi storie che contiene, questo volume celebrativo prova a raccontare Batman da differenti punti di vista, corrispondenti alle idee e al pensiero di altrettanti autori.

Il Batman Day è da un po’ di tempo occasione perfetta per Panini di pubblicare volumi “commemorativi” capaci di raccogliere al loro interno storie più o meno lunghe e più o meno varie dedicate all’Uomo Pipistrello. A volte ci si è concentrati su temi specifici ma mai come quest’anno si è deciso di puntare tutto sulla varietà, intitolando il lavoro “I Tanti Volti del Cavaliere Oscuro”. Nelle quattro brevi storie che contiene, questo volume celebrativo prova a raccontare Batman da differenti punti di vista, corrispondenti alle idee e al pensiero di altrettanti autori.

Così Mike Mignola getta l’eroe di Gotham in un incubo onirico alla Hellboy con tanto di non morti, spiriti e sangue; Tom King lo impegna in imprese giornaliere sempre più assurde; Kevin Smith e Jim Lee ci parlano del suo passato e Alan Grant lo fa trasferire in Scozia per l’avventura più corposa di questo piccolo albo. Non si tratta certamente delle storie migliori e più complete per “capire” Batman e il suo mito ma sono certamente delle più che interessanti variazioni sul tema, utili a comprendere la duttilità profonda di un eroe ormai entrato nell’immaginario comune e capace di sincronizzarsi con le corde e la creatività di numerosi artisti.

Così Mike Mignola getta l’eroe di Gotham in un incubo onirico alla Hellboy con tanto di non morti, spiriti e sangue; Tom King lo impegna in imprese giornaliere sempre più assurde; Kevin Smith e Jim Lee ci parlano del suo passato e Alan Grant lo fa trasferire in Scozia per l’avventura più corposa di questo piccolo albo. Non si tratta certamente delle storie migliori e più complete per “capire” Batman e il suo mito ma sono certamente delle più che interessanti variazioni sul tema, utili a comprendere la duttilità profonda di un eroe ormai entrato nell’immaginario comune e capace di sincronizzarsi con le corde e la creatività di numerosi artisti.

Un personaggio ormai universale, da plasmare a proprio piacimento a patto di rispettarne le caratteristiche fondamentali: e questi quattro fumetti capiscono Batman e lo rispettano, dandogli giustizia e permettendo al suo mito di andare avanti ancora per tanti anni, per tanti Batman Day, per tante nuove avventure.

Un personaggio ormai universale, da plasmare a proprio piacimento a patto di rispettarne le caratteristiche fondamentali: e questi quattro fumetti capiscono Batman e lo rispettano, dandogli giustizia e permettendo al suo mito di andare avanti ancora per tanti anni, per tanti Batman Day, per tante nuove avventure.

Ormai quella del Batman Day è diventata un'uscita annuale anche per Panini. Il volume di quest'anno raccoglie storie multiformi e uno sguardo variegato sul mondo del Cavaliere Oscuro.

#Fumetti #BookSky #RecensioniFuoriTempo

11.11.2025 08:00 — 👍 1    🔁 0    💬 0    📌 0
Preview
#9 Di Ronzini, Mostri, Lucca e Atto 3 I film che non ho visto, le serie che ho visto, la storia di un’odissea videoludica e qualche fumetto. Tutto questo mentre il Natale incombe sulle nostre vite.

Nuovo sabato, nuovo recap delle ultime visioni, alcune molto interessanti..🧐

08.11.2025 15:05 — 👍 1    🔁 1    💬 0    📌 0

E si purtroppo si. O sono brevi o diventano talmente ripetitivi da stancarti subito..

08.11.2025 08:57 — 👍 1    🔁 0    💬 0    📌 0

ci sta, anche io dopo aver giocato tanto a un gioco difficile ho bisogno di roba rilassante o leggera per riprendermi fisicamente e psicologicamente..😂

08.11.2025 08:15 — 👍 0    🔁 0    💬 1    📌 0
kes

ken loach
(1969)

kes ken loach (1969)

Tra i principali esponenti del free cinema inglese, Ken Loach fu uno dei numi tutelari di un nuovo modo di fare film in Regno Unito, capace di sfuggire alle tradizioni di un modo di intendere l’arte superato. Un cinema vicino alla gente, capace di raccontare il reale senza filtri e di raccontarlo da una prospettiva di critica politica e sociale molto forte. Kes è un manifesto fortissimo di questo nuovo modo di raccontare la realtà: la storia è quella di un ragazzino povero ed emarginato, inserito in contesti sociali che dovrebbero aiutarlo ma che non fanno altro se non spingerlo sempre più a fondo.

Tra i principali esponenti del free cinema inglese, Ken Loach fu uno dei numi tutelari di un nuovo modo di fare film in Regno Unito, capace di sfuggire alle tradizioni di un modo di intendere l’arte superato. Un cinema vicino alla gente, capace di raccontare il reale senza filtri e di raccontarlo da una prospettiva di critica politica e sociale molto forte. Kes è un manifesto fortissimo di questo nuovo modo di raccontare la realtà: la storia è quella di un ragazzino povero ed emarginato, inserito in contesti sociali che dovrebbero aiutarlo ma che non fanno altro se non spingerlo sempre più a fondo.

Una famiglia allo sbando, una scuola che punisce invece che educare, lo sport che diventa fonte di umiliazione e degrado, una società che lo giudica e lo affossa piuttosto che alimentarne le speranze. Il giovane Billy troverà nell’addestramento di un falco l’unica vera ragione di vita, nonché una chiave fondamentale per crescere, maturare, interessarsi a qualcosa e avere stimoli, l’unica chance per garantirsi un sogno di futuro.

Una famiglia allo sbando, una scuola che punisce invece che educare, lo sport che diventa fonte di umiliazione e degrado, una società che lo giudica e lo affossa piuttosto che alimentarne le speranze. Il giovane Billy troverà nell’addestramento di un falco l’unica vera ragione di vita, nonché una chiave fondamentale per crescere, maturare, interessarsi a qualcosa e avere stimoli, l’unica chance per garantirsi un sogno di futuro.

Kes è un film con una poetica fortissima, una fotografia che permette di scavare dentro i personaggi e i luoghi che abitano e uno sguardo della macchina da presa mai troppo vicino ma nemmeno lontano, che permette di immedesimarsi emotivamente con i personaggi ma anche di guardare al quadro generale con forte spirito critico. Un grande film, duro ma toccante, capace di alternare cinismo e dolcezza: veloce, forte e spietato come un falco, ma anche libero, potente, maestoso e bellissimo.

Kes è un film con una poetica fortissima, una fotografia che permette di scavare dentro i personaggi e i luoghi che abitano e uno sguardo della macchina da presa mai troppo vicino ma nemmeno lontano, che permette di immedesimarsi emotivamente con i personaggi ma anche di guardare al quadro generale con forte spirito critico. Un grande film, duro ma toccante, capace di alternare cinismo e dolcezza: veloce, forte e spietato come un falco, ma anche libero, potente, maestoso e bellissimo.

Tornano i #FilmFuoriTempo e voliamo alla fine degli anni '60 con questa piccola perla firmata Ken Loach. Kes è un film delicato ma di grande forza.

#Cinema #CineSky #RecensioniFuoriTempo

08.11.2025 08:13 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
the life of 
chuck

mike flanagan
(2024)

the life of chuck mike flanagan (2024)

Prendendolo dal “verso giusto” The Life of Chuck sarebbe una storia come tante: il racconto della vita di un bambino, poi ragazzo, poi uomo come tanti, preso a bastonate dalla vita ma con grande voglia di reagire e di vivere quella vita fino in fondo, godendosi tutte le cose belle che ha da offrire. Un messaggio certamente nobile ma già visto in mille altre forme: il pregio del film di Mike Flanagan (e del racconto di Stephen King da cui è tratto) è l’originalità con cui questo strano esperimento narrativo viene portato avanti.

Prendendolo dal “verso giusto” The Life of Chuck sarebbe una storia come tante: il racconto della vita di un bambino, poi ragazzo, poi uomo come tanti, preso a bastonate dalla vita ma con grande voglia di reagire e di vivere quella vita fino in fondo, godendosi tutte le cose belle che ha da offrire. Un messaggio certamente nobile ma già visto in mille altre forme: il pregio del film di Mike Flanagan (e del racconto di Stephen King da cui è tratto) è l’originalità con cui questo strano esperimento narrativo viene portato avanti.

C’è prima di tutto una narrazione che procede a ritroso, che parte dalla fine per tornare all’inizio e che presenta in modo molto intelligente il protagonista, con un “racconto indiretto” di rara bellezza che vale il film e ne racchiude il significato; impariamo così a conoscere il protagonista Chuck e la sua vita ancora prima che ci venga davvero mostrata e la cosa bella è che questa vita non ci viene raccontata in ogni dettaglio ma solo in alcuni specifici momenti, tutti legati alla danza, alla matematica e a una vecchia soffitta, tutti dettagli apparentemente insignificanti ma che danno vita a un quadro dove tutto ha un peso e ogni cosa è importante.

C’è prima di tutto una narrazione che procede a ritroso, che parte dalla fine per tornare all’inizio e che presenta in modo molto intelligente il protagonista, con un “racconto indiretto” di rara bellezza che vale il film e ne racchiude il significato; impariamo così a conoscere il protagonista Chuck e la sua vita ancora prima che ci venga davvero mostrata e la cosa bella è che questa vita non ci viene raccontata in ogni dettaglio ma solo in alcuni specifici momenti, tutti legati alla danza, alla matematica e a una vecchia soffitta, tutti dettagli apparentemente insignificanti ma che danno vita a un quadro dove tutto ha un peso e ogni cosa è importante.

Flanagan accompagna tutto questo mettendosi in disparte, lasciando che siano i movimenti e la bellezza a guidare la storia ma non dimenticandosi mai un gusto vagamente horror, capace di emergere nell’inquietudine di alcuni specifici momenti e nei misteri che avvolgono la storia sin dal principio. The Life of Chuck è un film che gioca con lo spettatore, fa finta di portarlo altrove ma non fa altro che mostrargli quanto è complicata ma anche quanto è bella la vita: un percorso che si svolge fuori e dentro di noi, che è carico di mistero, magia e tristezza, ma che va comunque vissuto fino in fondo anche se sappiamo già come andrà a finire.

Flanagan accompagna tutto questo mettendosi in disparte, lasciando che siano i movimenti e la bellezza a guidare la storia ma non dimenticandosi mai un gusto vagamente horror, capace di emergere nell’inquietudine di alcuni specifici momenti e nei misteri che avvolgono la storia sin dal principio. The Life of Chuck è un film che gioca con lo spettatore, fa finta di portarlo altrove ma non fa altro che mostrargli quanto è complicata ma anche quanto è bella la vita: un percorso che si svolge fuori e dentro di noi, che è carico di mistero, magia e tristezza, ma che va comunque vissuto fino in fondo anche se sappiamo già come andrà a finire.

Senza troppi fronzoli, uno dei film più belli visti quest'anno. E Mike Flanagan si conferma un bravissimo "adattatore" di storie altrui, anche di quelle di Stephen King.

#Cinema #CineSky #RecensioniFuoriTempo

07.11.2025 07:48 — 👍 3    🔁 0    💬 0    📌 0
mercoledì

stagione 2
(2025)

mercoledì stagione 2 (2025)

Dimenticatevi la coerenza interna di una trama che mescola mille e più storie senza preoccuparsi troppo di incongruenze e buchi di trama: a contare in Mercoledì sono soprattutto le atmosfere e i personaggi. E sono proprio questa cornice estetica, il mood dark e quel mix tra horror e commedia a rendere questa una serie godibile, nonostante tutti i suoi difetti. Otto puntate, divide in due tronconi interconnessi ma tutto sommato distinti, che hanno l’ambizione di raccontare una storia corale, complessa, dove ogni sotto-trama cerca di essere “importante” ai fini della storia principale.

Dimenticatevi la coerenza interna di una trama che mescola mille e più storie senza preoccuparsi troppo di incongruenze e buchi di trama: a contare in Mercoledì sono soprattutto le atmosfere e i personaggi. E sono proprio questa cornice estetica, il mood dark e quel mix tra horror e commedia a rendere questa una serie godibile, nonostante tutti i suoi difetti. Otto puntate, divide in due tronconi interconnessi ma tutto sommato distinti, che hanno l’ambizione di raccontare una storia corale, complessa, dove ogni sotto-trama cerca di essere “importante” ai fini della storia principale.

Un nuovo preside piuttosto infido arriva a scuola, Mercoledì si ritrova ad affrontare nuovi pericoli e una profezia non proprio rassicurante, mentre il passato ritorna prepotente: questa seconda stagione ha il merito di ampliare notevolmente il discorso, di non concentrarsi solo sull’affascinante protagonista, ma di lasciare il giusto spazio anche a tutti gli altri, adulti compresi, che nella prima stagione non avevano trovato molto spazio. A giovarne è una trama che, al netto dei già citati problemi, riesce ad avere maggiore respiro e ad essere più varia rispetto al passato, lasciando spazio a personaggi e atmosfere che funzionano davvero bene.

Un nuovo preside piuttosto infido arriva a scuola, Mercoledì si ritrova ad affrontare nuovi pericoli e una profezia non proprio rassicurante, mentre il passato ritorna prepotente: questa seconda stagione ha il merito di ampliare notevolmente il discorso, di non concentrarsi solo sull’affascinante protagonista, ma di lasciare il giusto spazio anche a tutti gli altri, adulti compresi, che nella prima stagione non avevano trovato molto spazio. A giovarne è una trama che, al netto dei già citati problemi, riesce ad avere maggiore respiro e ad essere più varia rispetto al passato, lasciando spazio a personaggi e atmosfere che funzionano davvero bene.

La mano di Tim Burton, regista di quattro degli otto episodi, sembra ben più presente, con uno stile capace di accompagnare e valorizzare alcuni dei momenti più importanti: e di scene iconiche e battute da ricordare questa stagione è piena, consapevole di ciò che l’ha resa celebre e che piace al pubblico dei più giovani cui si rivolge. Prendete Mercoledì per quello che è: un teen-drama a tinte dark senza troppe pretese, se non quella di intrattenere e divertire. A volte va anche bene così.

La mano di Tim Burton, regista di quattro degli otto episodi, sembra ben più presente, con uno stile capace di accompagnare e valorizzare alcuni dei momenti più importanti: e di scene iconiche e battute da ricordare questa stagione è piena, consapevole di ciò che l’ha resa celebre e che piace al pubblico dei più giovani cui si rivolge. Prendete Mercoledì per quello che è: un teen-drama a tinte dark senza troppe pretese, se non quella di intrattenere e divertire. A volte va anche bene così.

Mercoledì esce anche la recensione della stagione due di Mercoledì che, per inciso, non mi è dispiaciuta.

#SerieTV #Streaming #RecensioniFuoriTempo

05.11.2025 07:50 — 👍 1    🔁 1    💬 0    📌 0
L’inverno del
disegnatore

paco roca
Tunué (2025)

L’inverno del disegnatore paco roca Tunué (2025)

Uno spaccato sulla storia del fumetto spagnolo, disegnato da uno dei suoi maestri moderni, Paco Roca. L’inverno del disegnatore ci porta indietro alla fine degli anni ’50, in un periodo falcidiato dalla dittatura dove un gruppo di fumettisti decide di intraprendere la strada dell’indipendenza nel tentativo di fuggire dalle logiche del mercato e di un potente editore.

Uno spaccato sulla storia del fumetto spagnolo, disegnato da uno dei suoi maestri moderni, Paco Roca. L’inverno del disegnatore ci porta indietro alla fine degli anni ’50, in un periodo falcidiato dalla dittatura dove un gruppo di fumettisti decide di intraprendere la strada dell’indipendenza nel tentativo di fuggire dalle logiche del mercato e di un potente editore.

Quella che ci viene raccontata è la storia di un fallimento, ma anche di un atto di coraggio importante in un periodo dove nessuno aveva davvero il coraggio di provare a cambiare le cose: Tunué ripropone la storia originale del 2010 in un’edizione ricca di appendici e approfondimenti, a testimonianza del grande lavoro di ricerca delle fonti e di attendibilità alla verità dei fatti. Il lavoro di documentazione è incredibile e traspare da ogni dettaglio, sia nella ricostruzione storica della Barcellona dell’epoca, sia nella realizzazione dei volti dei protagonisti e dei loro fumetti.

Quella che ci viene raccontata è la storia di un fallimento, ma anche di un atto di coraggio importante in un periodo dove nessuno aveva davvero il coraggio di provare a cambiare le cose: Tunué ripropone la storia originale del 2010 in un’edizione ricca di appendici e approfondimenti, a testimonianza del grande lavoro di ricerca delle fonti e di attendibilità alla verità dei fatti. Il lavoro di documentazione è incredibile e traspare da ogni dettaglio, sia nella ricostruzione storica della Barcellona dell’epoca, sia nella realizzazione dei volti dei protagonisti e dei loro fumetti.

Lo stile è chiaro, i contorni sono vivi e i colori variano di tonalità a seconda della stagione raccontata: la storia va avanti e indietro nel tempo a seconda delle esigenze, riuscendo a costruire collegamenti interessanti e a non far pesare mai il cambio di punto di vista. La linea temporale è ben chiara e Roca riesce a viaggiare tra gli anni e le stagioni e a mantenere tutto sempre coeso e coerente. Un gran lavoro per una grande storia, di quelle apparentemente piccole o insignificanti, ma capaci di cambiare per sempre le cose.

Lo stile è chiaro, i contorni sono vivi e i colori variano di tonalità a seconda della stagione raccontata: la storia va avanti e indietro nel tempo a seconda delle esigenze, riuscendo a costruire collegamenti interessanti e a non far pesare mai il cambio di punto di vista. La linea temporale è ben chiara e Roca riesce a viaggiare tra gli anni e le stagioni e a mantenere tutto sempre coeso e coerente. Un gran lavoro per una grande storia, di quelle apparentemente piccole o insignificanti, ma capaci di cambiare per sempre le cose.

Paco Roca in un libro che racconta una parte molto importante della storia del fumetto indipendente spagnolo in un momento storico in cui essere indipendenti era praticamente impossibile.

#Fumetti #BookSky #RecensioniFuoriTempo

04.11.2025 08:29 — 👍 6    🔁 0    💬 0    📌 0
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So it begins…

#Natale

03.11.2025 22:18 — 👍 2    🔁 0    💬 1    📌 0
Preview
#8 Halloween: I 10 film horror imperdibili - parte 2 - La seconda parte di una personalissima e inutile lista dei 10 film imperdibili da vedere ad Halloween.

Ed eccola la seconda parte della lista di cui nessuno sentiva davvero il bisogno (ma anche il numero 8 della newsletter settimanale). E ora possiamo ufficialmente pensare al Natale. 🎄

01.11.2025 09:21 — 👍 1    🔁 1    💬 0    📌 0

Per capire cosa sono I Simpson e perché continuano ad essere tra noi dopo così tanti anni basta un occhio a uno degli episodi di Halloween dei primi anni: genialità allo stato puro.

31.10.2025 12:57 — 👍 1    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
the toxic
avenger
Lloyd Kaufman e Michael Herz
(1984)

horror cult the toxic avenger Lloyd Kaufman e Michael Herz (1984)

Il manifesto della Troma e di un modo di fare film unico nel suo genere, costruito intorno a un cinema libero da limiti e barriere, scorretto, scanzonato, violento, splatter, fato con pochi mezzi ma senza guardare in faccia a nessuno. Quello pensato da Kaufman e Herz è il racconto di un sfigato in una società corrotta di bulli e criminali, trasformato in un mostro e pronto a vendicare i più deboli in una crociata a suon di botte e uccisioni contro il male. Il problema è che nel fittizio quartiere di New York pensato per The Toxic Avenger, tutto è male, tutto è corrotto, tutto ha una macchia.

Il manifesto della Troma e di un modo di fare film unico nel suo genere, costruito intorno a un cinema libero da limiti e barriere, scorretto, scanzonato, violento, splatter, fato con pochi mezzi ma senza guardare in faccia a nessuno. Quello pensato da Kaufman e Herz è il racconto di un sfigato in una società corrotta di bulli e criminali, trasformato in un mostro e pronto a vendicare i più deboli in una crociata a suon di botte e uccisioni contro il male. Il problema è che nel fittizio quartiere di New York pensato per The Toxic Avenger, tutto è male, tutto è corrotto, tutto ha una macchia.

The Toxic Avenger usa il linguaggio scurrile, la nudità, il sesso e il sangue per raccontare di una società che è tutte queste cose e anche di più, che non può essere salvata e per questo va combattuta, con ogni mezzo necessario. E i mezzi che il “vendicatore tossico” utilizza sono tra i meno ortodossi che si siano mai visti in un supereroe (o presunto tale): è li che si innesta l’unicità del film e di tutte le produzioni Troma che da questo hanno tratto ispirazione.

The Toxic Avenger usa il linguaggio scurrile, la nudità, il sesso e il sangue per raccontare di una società che è tutte queste cose e anche di più, che non può essere salvata e per questo va combattuta, con ogni mezzo necessario. E i mezzi che il “vendicatore tossico” utilizza sono tra i meno ortodossi che si siano mai visti in un supereroe (o presunto tale): è li che si innesta l’unicità del film e di tutte le produzioni Troma che da questo hanno tratto ispirazione.

La violenza, seppur efferata e terribile, è accompagnata da colonne sonore scanzonate, esaltata da un montaggio ben poco attento ai formalismi, simile a un videoclip, e contornata da una comicità demenziale e fuori dalle righe. Poco importa quindi se la recitazione è pessima, la regia approssimativa e la trama non esiste: The Toxic Avenger riuscirà comunque a farvi divertire, che nel cinema di Troma è forse l’unica cosa che conta davvero.

La violenza, seppur efferata e terribile, è accompagnata da colonne sonore scanzonate, esaltata da un montaggio ben poco attento ai formalismi, simile a un videoclip, e contornata da una comicità demenziale e fuori dalle righe. Poco importa quindi se la recitazione è pessima, la regia approssimativa e la trama non esiste: The Toxic Avenger riuscirà comunque a farvi divertire, che nel cinema di Troma è forse l’unica cosa che conta davvero.

E siamo arrivati alla fine di questo viaggio nell'horror, anzi, della sua prima parte. Appuntamento al 2026 per il proseguo: per ora godiamoci questo 31 ottobre in compagnia di un eroe molto improbabile.

#Cinema #CineSky #Halloween #RecensioniFuoriTempo

31.10.2025 08:04 — 👍 1    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
poltergeist
Tobe Hooper 
(1982)

horror cult poltergeist Tobe Hooper (1982)

Hanno sempre avuto un non so che di rassicurante i film ambientati e girati negli anni ’80. Atmosfere impagabili, toni familiari, viali alberati, quartieri residenziali e ragazzini in bicicletta che si divertono con poco. Poltergeist punta tutto su quel tipo di atmosfera, sulla famiglia americana felice, nel quartiere perfetto e con una vita perfetta: ma Steven Spielberg, che questo film lo ha pensato e scritto, è sempre stato molto bravo a prendere quel tipo di tono e deformarlo a seconda della storia che doveva raccontare.

Hanno sempre avuto un non so che di rassicurante i film ambientati e girati negli anni ’80. Atmosfere impagabili, toni familiari, viali alberati, quartieri residenziali e ragazzini in bicicletta che si divertono con poco. Poltergeist punta tutto su quel tipo di atmosfera, sulla famiglia americana felice, nel quartiere perfetto e con una vita perfetta: ma Steven Spielberg, che questo film lo ha pensato e scritto, è sempre stato molto bravo a prendere quel tipo di tono e deformarlo a seconda della storia che doveva raccontare.

E qui da in mano quella storia a Tobe Hooper, quello di Non Aprite Quella Porta, uno che sapeva molto bene come piegare al suo volere lo stile di vita americano, come trasformarlo in un terribile e inatteso incubo ad occhi aperti. Il film diventa molto presto un parco giochi divertente e appassionante, una casa dell’orrore che da Disneyland finisce sul grande schermo e regala momenti e inventive di altissimo impatto, frutto di effetti speciali davvero ben riusciti e altamente spettacolari.

E qui da in mano quella storia a Tobe Hooper, quello di Non Aprite Quella Porta, uno che sapeva molto bene come piegare al suo volere lo stile di vita americano, come trasformarlo in un terribile e inatteso incubo ad occhi aperti. Il film diventa molto presto un parco giochi divertente e appassionante, una casa dell’orrore che da Disneyland finisce sul grande schermo e regala momenti e inventive di altissimo impatto, frutto di effetti speciali davvero ben riusciti e altamente spettacolari.

Nella storia di questa famiglia sconvolta dalle strane presenze che si aggirano nella loro casa si palesano tutta una serie di peculiarità di un certo filone horror che oggi diamo per scontate, ma che sono tali solo per merito del lavoro di Hooper e Spielberg. Perché Poltergeist è capace di regalare momenti davvero indimenticabili, spettacolo e adrenalina a profusione, soprattutto nei suoi ultimi incredibili 15 minuti, da antologia dell’horror cinematografico.

Nella storia di questa famiglia sconvolta dalle strane presenze che si aggirano nella loro casa si palesano tutta una serie di peculiarità di un certo filone horror che oggi diamo per scontate, ma che sono tali solo per merito del lavoro di Hooper e Spielberg. Perché Poltergeist è capace di regalare momenti davvero indimenticabili, spettacolo e adrenalina a profusione, soprattutto nei suoi ultimi incredibili 15 minuti, da antologia dell’horror cinematografico.

Poltergeist è uno di quei film perfettamente inserito negli anni '80: ottimi effetti speciali, storia semplice ma efficace. Un horror "per tutti", diretto e scritto come si deve. Il modo più giusto per avvicinarsi ad #Halloween.

#Cinema #CineSky #Horror #RecensioniFuoriTempo

30.10.2025 08:14 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0

The Pitt si sta dimostrando una serie pazzesca: un medical drama vecchia scuola ma anche moderno, granitico e solido, adrenalinico ed emotivo allo stesso tempo. Più la guardi e più hai voglia di andare avanti tra trame verticali e orizzontali perfettamente bilanciate.

#SerieTV

29.10.2025 14:03 — 👍 2    🔁 1    💬 0    📌 0
horror cult
possession
Andrzej zulawski
(1981)

horror cult possession Andrzej zulawski (1981)

Un delirio di follia, capace di utilizzare il seme dell’orrore per raccontarci tutt’altro. Possession è la storia di una coppia invischiata in una crisi irreversibile fatta di non detti, tradimenti e violenza. I due sprofonderanno in un pozzo nero e profondo, perderanno la loro vera identità, diventeranno i fantasmi di loro stessi. Il tema del doppio è fondamentale per provare a comprendere l’opera di Żuławski e il suo tentativo di rendere tangibili le tragedie interiori che coinvolgono uomini e donne quando i rapporti di coppia finiscono.

Un delirio di follia, capace di utilizzare il seme dell’orrore per raccontarci tutt’altro. Possession è la storia di una coppia invischiata in una crisi irreversibile fatta di non detti, tradimenti e violenza. I due sprofonderanno in un pozzo nero e profondo, perderanno la loro vera identità, diventeranno i fantasmi di loro stessi. Il tema del doppio è fondamentale per provare a comprendere l’opera di Żuławski e il suo tentativo di rendere tangibili le tragedie interiori che coinvolgono uomini e donne quando i rapporti di coppia finiscono.

Il tutto nell’asettico e asfissiante contesto di una Berlino grigia e crepuscolare, sull’orlo di una nuova guerra pronta a travolgere tutto e tutti, divisa in due da un muro sempre presente e che non lascia penetrare nemmeno un raggio di sole. La camera si muove in continuazione, gira intono agli ambienti, si agita, assume prospettive particolari, aumentando a dismisura l’ansia e seguendo la discesa nella follia dei due personaggi con asettica precisione.

Il tutto nell’asettico e asfissiante contesto di una Berlino grigia e crepuscolare, sull’orlo di una nuova guerra pronta a travolgere tutto e tutti, divisa in due da un muro sempre presente e che non lascia penetrare nemmeno un raggio di sole. La camera si muove in continuazione, gira intono agli ambienti, si agita, assume prospettive particolari, aumentando a dismisura l’ansia e seguendo la discesa nella follia dei due personaggi con asettica precisione.

Possession è un film di scene forti e interpretazioni enfatiche, un horror d’autore entrato nell’immaginario collettivo per alcuni momenti ancora oggi molto potenti (i litigi, la violenza, l’iconica scena in metro, la creatura) e per l’incredibile prova attoriale di Isabelle Adjani, impegnata a dar forma a un personaggio davvero duro e difficile.

Possession è un film di scene forti e interpretazioni enfatiche, un horror d’autore entrato nell’immaginario collettivo per alcuni momenti ancora oggi molto potenti (i litigi, la violenza, l’iconica scena in metro, la creatura) e per l’incredibile prova attoriale di Isabelle Adjani, impegnata a dar forma a un personaggio davvero duro e difficile.

Possession trasforma la rottura di un amore in un incubo orrorifico terribile e spaventoso. Indimenticabile l'interpretazione di Isabelle Adjani e la terribile e famosissima "scena madre" che la vede protagonista.

#Cinema #CineSky #Horror #Halloween #RecensioniFuoriTempo

29.10.2025 08:02 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
trilogia
della morte
lucio fulci
(1980-1981)

horror cult trilogia della morte lucio fulci (1980-1981)

Non chiedete mai a Lucio Fulci di spostare la camera quando vi sta mostrando una scena violenta. Il re del gore e dello splatter non distoglierà mai lo sguardo, pronto a mostrarvi sempre tutto, fino in fondo, che si tratti di un omicidio efferato, di un cranio spappolato a mani nude, di ragni che divorano un corpo inerme, di organi che fuoriescono copiosi dalla bocca, di visi disciolti dall’acido.

Non chiedete mai a Lucio Fulci di spostare la camera quando vi sta mostrando una scena violenta. Il re del gore e dello splatter non distoglierà mai lo sguardo, pronto a mostrarvi sempre tutto, fino in fondo, che si tratti di un omicidio efferato, di un cranio spappolato a mani nude, di ragni che divorano un corpo inerme, di organi che fuoriescono copiosi dalla bocca, di visi disciolti dall’acido.

La famosa trilogia della morte rappresenta forse l’apice della sua intransigente visione dell’horror, fortemente osteggiata dai critici italiani ma capace di influenzare ancora oggi registi da tutto il mondo: perché è innegabile che Fulci fosse un mestierante capace, abile, tra i più innovativi e originali della sua epoca. I suoi horror sono girati magnificamente, con uno stile unico e peculiare, coadiuvati da un’estetica realistica e credibile e da un’artigianalità che li rende ancora oggi credibili e scioccanti, capaci di lasciare il segno.

La famosa trilogia della morte rappresenta forse l’apice della sua intransigente visione dell’horror, fortemente osteggiata dai critici italiani ma capace di influenzare ancora oggi registi da tutto il mondo: perché è innegabile che Fulci fosse un mestierante capace, abile, tra i più innovativi e originali della sua epoca. I suoi horror sono girati magnificamente, con uno stile unico e peculiare, coadiuvati da un’estetica realistica e credibile e da un’artigianalità che li rende ancora oggi credibili e scioccanti, capaci di lasciare il segno.

A mancare in questi tre film (Paura nella città dei morti viventi, …e tu vivrai nel terrore! - L’aldilà e Quella villa accanto al cimitero), accomunati dalla protagonista femminile, Catriona MacColl, è una trama degna di questo nome, capace di portare avanti con efficacia la narrazione: gli incipit catturano, i finali colpiscono, le immagini non lasciano mai indifferenti, ma a latitare sono purtroppo le storie, spesso buttate li, spesso banali, quasi sempre inesistenti e trascurabili.

A mancare in questi tre film (Paura nella città dei morti viventi, …e tu vivrai nel terrore! - L’aldilà e Quella villa accanto al cimitero), accomunati dalla protagonista femminile, Catriona MacColl, è una trama degna di questo nome, capace di portare avanti con efficacia la narrazione: gli incipit catturano, i finali colpiscono, le immagini non lasciano mai indifferenti, ma a latitare sono purtroppo le storie, spesso buttate li, spesso banali, quasi sempre inesistenti e trascurabili.

Oggi non parliamo di uno ma di ben tre film, tutti per la regia di Lucio Fulci. La cosiddetta Trilogia della Morte è un concentrato per stomaci forti, con immagini potenti e tanta creatività. Piccole perle da riscoprire.

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28.10.2025 08:28 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
cannibal 
holocaust
ruggero deodato
(1980)

horror cult cannibal holocaust ruggero deodato (1980)

Il film più discusso e censurato di sempre, odiato e osteggiato all’epoca della sua uscita ed elevato a cult intramontabile negli anni successivi. Cannibal Holocaust ha ritrovato in anni recenti quella fortuna che non aveva avuto negli anni ’80: oggi forse non riusciamo più a farci troppo caso, assuefatti come siamo dalla violenza, ma il film di Ruggero Deodato è un corollario di immagini e sequenze ad altissimo impatto, di quelle che lasciano il segno.

Il film più discusso e censurato di sempre, odiato e osteggiato all’epoca della sua uscita ed elevato a cult intramontabile negli anni successivi. Cannibal Holocaust ha ritrovato in anni recenti quella fortuna che non aveva avuto negli anni ’80: oggi forse non riusciamo più a farci troppo caso, assuefatti come siamo dalla violenza, ma il film di Ruggero Deodato è un corollario di immagini e sequenze ad altissimo impatto, di quelle che lasciano il segno.

Ancora oggi si fa fatica a non distogliere lo sguardo davanti agli animali seviziati e mutilati a puro scopo filmico e anche quando la violenza non è reale ha con se un carico talmente forte di drammaticità e credibilità da diventare quasi sempre altamente stordente e disturbante. Il film naviga a vista, rischiando sempre di propinarci una violenza gratuita e fine a se stessa. Ma sull’orlo di questo precipizio riesce comunque a far passare il suo messaggio, a mostrarci la sua critica feroce a una società sempre più mediatizzata, in mano a grandi gruppi editoriali e network disposti a tutto pur di guadagnare e catturare le attenzioni del pubblico.

Ancora oggi si fa fatica a non distogliere lo sguardo davanti agli animali seviziati e mutilati a puro scopo filmico e anche quando la violenza non è reale ha con se un carico talmente forte di drammaticità e credibilità da diventare quasi sempre altamente stordente e disturbante. Il film naviga a vista, rischiando sempre di propinarci una violenza gratuita e fine a se stessa. Ma sull’orlo di questo precipizio riesce comunque a far passare il suo messaggio, a mostrarci la sua critica feroce a una società sempre più mediatizzata, in mano a grandi gruppi editoriali e network disposti a tutto pur di guadagnare e catturare le attenzioni del pubblico.

Deodato ci racconta tutto questo dividendo il film in due parti, strutturandolo come un documentario e usando un espediente narrativo che farà scuola: camera a mano, pellicola sgranata, riprese mosse e imperfette e un realismo esasperato rendono molto labile il confine tra realtà e fantasia, quello che fa funzionare Cannibal Holocaust e lo rende, ancora oggi, capace di colpire e lasciare interdetti e allibiti.

Deodato ci racconta tutto questo dividendo il film in due parti, strutturandolo come un documentario e usando un espediente narrativo che farà scuola: camera a mano, pellicola sgranata, riprese mosse e imperfette e un realismo esasperato rendono molto labile il confine tra realtà e fantasia, quello che fa funzionare Cannibal Holocaust e lo rende, ancora oggi, capace di colpire e lasciare interdetti e allibiti.

Un cult italiano ormai diventato un classico dell'horror. Cannibal Holocaust è un film di immagini forti e respingenti ma ha anche qualcosa da dire.

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27.10.2025 07:52 — 👍 3    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
venerdì 13
Sean S. Cunningham
(1980)

horror cult venerdì 13 Sean S. Cunningham (1980)

Da Halloween di Carpenter in poi, la vera modo dell’horror anni ’80 è stata certamente lo slasher, quel genere ancora oggi molto in voga dove assassini efferati vanno in giro a trucidare una per una le loro vittime fino a farne restare solo una, quasi sempre una ragazza indifesa che scoprirà talenti inimmaginabili pur di salvarsi la vita. Venerdì 13 è una variazione sul tema piuttosto pigra, ambientata in un decadente campus estivo durante una notte: l’esito è sin da subito abbastanza classico, ma il film è capace di regalare violenza efficace e di alto impatto e jumpscare piuttosto riusciti e mai disonesti (il tema principale si fa sentire solo quando l’assassino è pronto a colpire).

Da Halloween di Carpenter in poi, la vera modo dell’horror anni ’80 è stata certamente lo slasher, quel genere ancora oggi molto in voga dove assassini efferati vanno in giro a trucidare una per una le loro vittime fino a farne restare solo una, quasi sempre una ragazza indifesa che scoprirà talenti inimmaginabili pur di salvarsi la vita. Venerdì 13 è una variazione sul tema piuttosto pigra, ambientata in un decadente campus estivo durante una notte: l’esito è sin da subito abbastanza classico, ma il film è capace di regalare violenza efficace e di alto impatto e jumpscare piuttosto riusciti e mai disonesti (il tema principale si fa sentire solo quando l’assassino è pronto a colpire).

Alla regia Sean S. Cunningham, produttore che già aveva lavorato insieme a Wes Craven nel suo esordio cinematografico e qui impegnato a dare vita a una delle saghe più longeve e importanti del cinema horror. Questo capostipite è in tutto e per tutto un film molto più valido e riuscito di tutti i sequel, remake e crossover discutibili degli anni successivi: lo è perché, contrariamente rispetto a quanto si pensa, mette in secondo piano la figura del celebre Jason, divenuta colonna portante della saga negli anni successivi.

Alla regia Sean S. Cunningham, produttore che già aveva lavorato insieme a Wes Craven nel suo esordio cinematografico e qui impegnato a dare vita a una delle saghe più longeve e importanti del cinema horror. Questo capostipite è in tutto e per tutto un film molto più valido e riuscito di tutti i sequel, remake e crossover discutibili degli anni successivi: lo è perché, contrariamente rispetto a quanto si pensa, mette in secondo piano la figura del celebre Jason, divenuta colonna portante della saga negli anni successivi.

Serviva una figura simbolo per una nuova gallina dalle uova d’oro da spennare, serviva un altro Mike Myers o un Freddy Krueger: ma questo primo Venerdì 13, seppur colpevole di aver “dato l’idea”, non ne aveva davvero bisogno. Per questo il suo colpo di scena “cardine” è ancora oggi pienamente riuscito e di grandissimo impatto, molto più della celebre quanto assurda sequenza finale sul lago.

Serviva una figura simbolo per una nuova gallina dalle uova d’oro da spennare, serviva un altro Mike Myers o un Freddy Krueger: ma questo primo Venerdì 13, seppur colpevole di aver “dato l’idea”, non ne aveva davvero bisogno. Per questo il suo colpo di scena “cardine” è ancora oggi pienamente riuscito e di grandissimo impatto, molto più della celebre quanto assurda sequenza finale sul lago.

Oggi non è Venerdì 13 ma ce lo facciamo andar bene lo stesso perché questo di Sean S. Cunningham è un cult senza tempo: curato, ben girato e a suo modo sorprendente. La storia di Jason comincia qui.

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26.10.2025 08:29 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
Preview
#7 Halloween: I 10 film horror imperdibili - parte 1 - La prima parte di una personalissima e inutile lista dei 10 film imperdibili da vedere ad Halloween.

Il numero sette con l’immancabile lista a tema. Perché le liste a tema mi piacciono un sacco, anche se banali.

25.10.2025 09:48 — 👍 1    🔁 1    💬 0    📌 0
horror cult
zombi
George A. Romero
(1978)

horror cult zombi George A. Romero (1978)

Coadiuvato dall’amico Dario Argento, Romero da alla luce un nuovo capitolo della sua intramontabile saga sui morti viventi. Tralasciando il discutibile titolo italiano (che fa venire meno la continuity tra tutti i capitoli), Zombi è un prodotto smaccatamente action, tutto sparatorie, sangue e azione, dove smembramenti, organi e banchetti di carne vengono mostrati senza troppe remore. I tanti anni sulle spalle lasciano trasparire effetti speciali e trucchi oggi parecchio superati, ma è incredibile come il film riesca, con una trama semplice, una sola ambientazione al chiuso e pochi protagonisti a tenere comunque sempre alta la tensione.

Coadiuvato dall’amico Dario Argento, Romero da alla luce un nuovo capitolo della sua intramontabile saga sui morti viventi. Tralasciando il discutibile titolo italiano (che fa venire meno la continuity tra tutti i capitoli), Zombi è un prodotto smaccatamente action, tutto sparatorie, sangue e azione, dove smembramenti, organi e banchetti di carne vengono mostrati senza troppe remore. I tanti anni sulle spalle lasciano trasparire effetti speciali e trucchi oggi parecchio superati, ma è incredibile come il film riesca, con una trama semplice, una sola ambientazione al chiuso e pochi protagonisti a tenere comunque sempre alta la tensione.

Visti con gli occhi del 2025, gli anni che passano mostrano quanto l’opera di Romero abbia influenzato tutta la narrazione horror sugli zombi sino ai nostri giorni. L’intuizione di base è sempre la stessa: il pericolo vero non sono quelle creature lente e impacciate che è facilissimo abbattere a evitare, ma la malvagità deviante degli uomini quando si trovano alle strette e in situazioni di difficoltà.

Visti con gli occhi del 2025, gli anni che passano mostrano quanto l’opera di Romero abbia influenzato tutta la narrazione horror sugli zombi sino ai nostri giorni. L’intuizione di base è sempre la stessa: il pericolo vero non sono quelle creature lente e impacciate che è facilissimo abbattere a evitare, ma la malvagità deviante degli uomini quando si trovano alle strette e in situazioni di difficoltà.

Il sottotesto di denuncia sociale è fortissimo, amplificato da un centro commerciale scelto come fulcro della vicenda e come simbolo imperituro e incrollabile del nostro consumismo sfrenato e delle nostre inguaribili pulsioni. Una lotta senza tempo con noi stessi e la nostra natura, impossibile da vincere: per quanto possiamo sforzarci siamo tutti destinati a diventare zombi, a vagare senza meta spinti dai nostri istinti più bassi.

Il sottotesto di denuncia sociale è fortissimo, amplificato da un centro commerciale scelto come fulcro della vicenda e come simbolo imperituro e incrollabile del nostro consumismo sfrenato e delle nostre inguaribili pulsioni. Una lotta senza tempo con noi stessi e la nostra natura, impossibile da vincere: per quanto possiamo sforzarci siamo tutti destinati a diventare zombi, a vagare senza meta spinti dai nostri istinti più bassi.

Uno dei grandi classici della saga sui morti viventi più famosa di sempre. Zombi nasce dalla collaborazione tra George Romero e Dario Argento e ha davvero tante cose da dire.

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25.10.2025 06:36 — 👍 2    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
il presagio
richard donner
(1976)

horror cult il presagio richard donner (1976)

La vera bellezza dei film horror è la loro sincera schiettezza: sono film che, per gli argomenti che trattano e le tematiche che affrontano non devono inseguire alcun fine consolatorio, non devono regalare alcun messaggio positivo. Ne Il Presagio Richard Donner racconta della venuta dell’Anticristo, il figlio del diavolo, nelle vesti di un innocente quanto inquietante bambino. Le tragedie che seguiranno la sua “venuta” culmineranno in un finale che non fa altro che suggellare quelli che, sin da subito, erano gli intenti del film: come uomini siamo condannati all’estinzione e non possiamo far nulla per impedirlo; il male è tra noi, non ce ne rendiamo conto sino alla fine e, anche se ci proviamo, non riusciremo mai a sconfiggerlo; ogni impeto di salvezza o redenzione è vano, siamo ormai senza speranza.

La vera bellezza dei film horror è la loro sincera schiettezza: sono film che, per gli argomenti che trattano e le tematiche che affrontano non devono inseguire alcun fine consolatorio, non devono regalare alcun messaggio positivo. Ne Il Presagio Richard Donner racconta della venuta dell’Anticristo, il figlio del diavolo, nelle vesti di un innocente quanto inquietante bambino. Le tragedie che seguiranno la sua “venuta” culmineranno in un finale che non fa altro che suggellare quelli che, sin da subito, erano gli intenti del film: come uomini siamo condannati all’estinzione e non possiamo far nulla per impedirlo; il male è tra noi, non ce ne rendiamo conto sino alla fine e, anche se ci proviamo, non riusciremo mai a sconfiggerlo; ogni impeto di salvezza o redenzione è vano, siamo ormai senza speranza.

The Omen è un film di gran classe, ricercato nelle inquadrature quanto nelle atmosfere, che si aggira in luoghi di culto, ville, paesaggi e chiese molto suggestive per raccontare un male che si annida nella vita di tutti i giorni, che non riusciamo a capire - i suoi segnali sono sfuggenti, limitati a piccoli “presagi fotografici” - ma che mostra molto chiare le sue conseguenze.

The Omen è un film di gran classe, ricercato nelle inquadrature quanto nelle atmosfere, che si aggira in luoghi di culto, ville, paesaggi e chiese molto suggestive per raccontare un male che si annida nella vita di tutti i giorni, che non riusciamo a capire - i suoi segnali sono sfuggenti, limitati a piccoli “presagi fotografici” - ma che mostra molto chiare le sue conseguenze.

Strutturato come un interessante giallo investigativo, fa delle rivelazioni sempre più scioccanti la sua arma vincente, amplificate da una colonna sonora davvero d’impatto e da cani rabbiosi piuttosto inquietanti. E poi c’è quell’atavico timore tutto religioso del male incarnato che, se sfruttato a dovere, sa essere sempre tremendamente efficace.

Strutturato come un interessante giallo investigativo, fa delle rivelazioni sempre più scioccanti la sua arma vincente, amplificate da una colonna sonora davvero d’impatto e da cani rabbiosi piuttosto inquietanti. E poi c’è quell’atavico timore tutto religioso del male incarnato che, se sfruttato a dovere, sa essere sempre tremendamente efficace.

Quanti "bambini cattivi" abbiamo visto al cinema? Be, quello di Omen è certamente uno dei più celebri e inquietanti. Merito di un regista di alto profilo come Richard Donner.

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24.10.2025 07:29 — 👍 1    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
la casa
dalle finestre
che ridono
pupi avati
(1976)

horror cult la casa dalle finestre che ridono pupi avati (1976)

Se vi dicono che in Italia, a parte Dario Argento, non siamo mai stati capaci di fare horror di alto profilo e unici nel loro genere, provate a fargli vedere questo film incredibile di Pupi Avati. La Casa dalle finestre che ridono è un giallo dalla fortissima impronta spaventosa, ma unico nel suo genere per ambientazione, toni e personaggi che decide di usare. Avete mai pensato alle campagne assolate, desolate e decadenti della bassa padana come un’ambientazione perfetta per una storia di paura? Avete mai creduto che quella società di campagna, così chiusa nei suoi segreti, nei suoi silenzi e nella sua solitudine nascondesse qualcosa di terribilmente inquietante? Avete mai trovato inquietanti le paludi, le strade sterrate e polverose e le ville decadenti?

Se vi dicono che in Italia, a parte Dario Argento, non siamo mai stati capaci di fare horror di alto profilo e unici nel loro genere, provate a fargli vedere questo film incredibile di Pupi Avati. La Casa dalle finestre che ridono è un giallo dalla fortissima impronta spaventosa, ma unico nel suo genere per ambientazione, toni e personaggi che decide di usare. Avete mai pensato alle campagne assolate, desolate e decadenti della bassa padana come un’ambientazione perfetta per una storia di paura? Avete mai creduto che quella società di campagna, così chiusa nei suoi segreti, nei suoi silenzi e nella sua solitudine nascondesse qualcosa di terribilmente inquietante? Avete mai trovato inquietanti le paludi, le strade sterrate e polverose e le ville decadenti?

A un primo acchito probabilmente no, ma Avati decide di prendere tutto ciò che stride in questo strano mondo periferico per dare vita a una storia che parla di quanto terribile sia ciò che si nasconde dietro la facciata apparentemente innocua delle vite più semplici. Un restauratore viene calato in un contesto che non capisce e non comprende e la “riscoperta” dell’affresco che deve ricostruire porterà alla luce i segreti e la terribile realtà di uno strano posto e delle persone che lo abitano.

A un primo acchito probabilmente no, ma Avati decide di prendere tutto ciò che stride in questo strano mondo periferico per dare vita a una storia che parla di quanto terribile sia ciò che si nasconde dietro la facciata apparentemente innocua delle vite più semplici. Un restauratore viene calato in un contesto che non capisce e non comprende e la “riscoperta” dell’affresco che deve ricostruire porterà alla luce i segreti e la terribile realtà di uno strano posto e delle persone che lo abitano.

Il film è molto abile nel non permetterci davvero di capire cos’è reale e cosa non lo è, nel giocare con le nostre suggestioni e nel colpirci con le sue rivelazioni, sino a un colpo di scena finale che ci farà capire quanto l’orrore, purtroppo, sia sempre molto più vero di quanto crediamo.

Il film è molto abile nel non permetterci davvero di capire cos’è reale e cosa non lo è, nel giocare con le nostre suggestioni e nel colpirci con le sue rivelazioni, sino a un colpo di scena finale che ci farà capire quanto l’orrore, purtroppo, sia sempre molto più vero di quanto crediamo.

Un altro maestro del brivido italiano, Pupi Avati. La Casa dalle finestre che ridono si distingue per le atmosfere e la location, molto più da brividi e inquietante di ciò che appaiono. La provincia e la campagna non saranno più le stesse.

#Cinema #CineSky #Horror #Halloween #RecensioniFuoriTempo

23.10.2025 06:58 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
profondo
rosso
dario argento 
(1975)

horror cult profondo rosso dario argento (1975)

Il capolavoro dell’horror italiano, senza se e senza ma. Profondo Rosso è un film iconico sotto tutti i punti di vista, capace di entrare nell’immaginario comune e di rimanervi scolpito ancora oggi. Merito di un film curato sino al più piccolo dei dettagli, girato con una classe e uno studio delle inquadrature davvero encomiabile e valorizzato da una colonna sonora stupenda e da un tema principale diventato immortale.

Il capolavoro dell’horror italiano, senza se e senza ma. Profondo Rosso è un film iconico sotto tutti i punti di vista, capace di entrare nell’immaginario comune e di rimanervi scolpito ancora oggi. Merito di un film curato sino al più piccolo dei dettagli, girato con una classe e uno studio delle inquadrature davvero encomiabile e valorizzato da una colonna sonora stupenda e da un tema principale diventato immortale.

Dario Argento è stato bravissimo nel trovare il giusto punto d’incontro tra thriller e horror, raccontandoci di un misterioso assassino con guanti e impermeabile nero e di un musicista che farà di tutto per trovarlo: saranno omicidi sempre più macabri a scandire l’evolvere di una vicenda capace di disseminare indizi e rivelazioni e di chiudere alla perfezione il cerchio di una storia che, come i migliori gialli investigativi, ci aveva detto tutto fin dall’inizio con onestà, ma nascondendolo con grande furbizia.

Dario Argento è stato bravissimo nel trovare il giusto punto d’incontro tra thriller e horror, raccontandoci di un misterioso assassino con guanti e impermeabile nero e di un musicista che farà di tutto per trovarlo: saranno omicidi sempre più macabri a scandire l’evolvere di una vicenda capace di disseminare indizi e rivelazioni e di chiudere alla perfezione il cerchio di una storia che, come i migliori gialli investigativi, ci aveva detto tutto fin dall’inizio con onestà, ma nascondendolo con grande furbizia.

Profondo Rosso è così amato perché tutto torna, perché rappresenta un cerchio che si chiude alla perfezione, esaltato da alcuni tocchi di classe che hanno consacrato l’estro e il genio di Argento: soggettive, carrellate, piani sequenza, dettagli e un rosso sangue denso e acceso che copre ogni cosa. Un gioco di specchi che ha traumatizzato generazioni di spettatori: state attenti a cosa vedete riflesso dietro di voi.

Profondo Rosso è così amato perché tutto torna, perché rappresenta un cerchio che si chiude alla perfezione, esaltato da alcuni tocchi di classe che hanno consacrato l’estro e il genio di Argento: soggettive, carrellate, piani sequenza, dettagli e un rosso sangue denso e acceso che copre ogni cosa. Un gioco di specchi che ha traumatizzato generazioni di spettatori: state attenti a cosa vedete riflesso dietro di voi.

Il capolavoro dell'horror italiano dal nostro rinomato maestro del brivido, Dario Argento. Poco da dire: Profondo Rosso è un film incredibile sotto tutti i punti di vista.

#Cinema #CineSky #Horror #Halloween #RecensioniFuoriTempo

22.10.2025 12:29 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
il demone
sotto la
pelle
David
Cronenberg
(1975)

horror cult il demone sotto la pelle David Cronenberg (1975)

Sin dall’inizio della sua incredibile carriera Cronenberg si era posto l’ambizioso obiettivo di raccontare la condizione umana e le sue incontrollabili deviazioni, provando a rendere tangibile e visibile un orrore che nella realtà si muove sotto traccia. Per esplicitare al meglio i suoi obiettivi serviva che sotto la pelle dell’uomo comune si muovesse davvero qualcosa: la folle pulsione sessuale, incontrollabile e della quale nessuno riesce a fare a meno, diventa così un parassita rivoltante e strisciante, simile ad un’enorme e vorace sanguisuga con una vaga forma fallica.

Sin dall’inizio della sua incredibile carriera Cronenberg si era posto l’ambizioso obiettivo di raccontare la condizione umana e le sue incontrollabili deviazioni, provando a rendere tangibile e visibile un orrore che nella realtà si muove sotto traccia. Per esplicitare al meglio i suoi obiettivi serviva che sotto la pelle dell’uomo comune si muovesse davvero qualcosa: la folle pulsione sessuale, incontrollabile e della quale nessuno riesce a fare a meno, diventa così un parassita rivoltante e strisciante, simile ad un’enorme e vorace sanguisuga con una vaga forma fallica.

Un esperimento porta quest’essere a moltiplicarsi, passare di corpo in corpo e diffondersi tramite il sesso e il contatto fisico. Cronenberg, come un novello Romero, trasforma gli uomini in “zombie” folli e impulsivi, dando vita a delle vere e proprie scene apocalittiche, orge di inquietante piacere dove anche l’ultimo barlume di umanità viene soffocato.

Un esperimento porta quest’essere a moltiplicarsi, passare di corpo in corpo e diffondersi tramite il sesso e il contatto fisico. Cronenberg, come un novello Romero, trasforma gli uomini in “zombie” folli e impulsivi, dando vita a delle vere e proprie scene apocalittiche, orge di inquietante piacere dove anche l’ultimo barlume di umanità viene soffocato.

Il finale è ben poco consolatorio e per Shiver - questo il titolo originale - e il suo autore non solo non c’è salvezza, ma siamo tutti infettati da un parassita che si agita dentro di noi, che non vediamo ma sentiamo. Siamo causa di un male dal quale, ormai, non possiamo più scappare.

Il finale è ben poco consolatorio e per Shiver - questo il titolo originale - e il suo autore non solo non c’è salvezza, ma siamo tutti infettati da un parassita che si agita dentro di noi, che non vediamo ma sentiamo. Siamo causa di un male dal quale, ormai, non possiamo più scappare.

David Cronenberg ha scritto pagine fondamentali del body horror e Shivers e uno dei suoi film più iconici e inquietanti: un crescendo di tensione (e ribrezzo) davvero potente.

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21.10.2025 06:33 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
l’ultima
casa a 
sinistra
wes craven
(1972)

horror cult l’ultima casa a sinistra wes craven (1972)

Wes Craven ci ha sempre voluto dire molto con i suoi film: lo ha fatto sfruttando l’ironia, la risata, il macabro e il politicamente scorretto, dando al suo horror un punto di vista trasversale e sempre unico nel suo genere. Negli anni ’70 era ormai chiaro quanto il cinema horror, col suo essere così privo di filtri o sovrastrutture, era uno dei generi più adatti per raccontare la società e i suoi problemi.

Wes Craven ci ha sempre voluto dire molto con i suoi film: lo ha fatto sfruttando l’ironia, la risata, il macabro e il politicamente scorretto, dando al suo horror un punto di vista trasversale e sempre unico nel suo genere. Negli anni ’70 era ormai chiaro quanto il cinema horror, col suo essere così privo di filtri o sovrastrutture, era uno dei generi più adatti per raccontare la società e i suoi problemi.

L’Ultima casa a sinistra prende di petto la violenza e ce la sbatte in faccia: Craven sa che la detestiamo ma ne siamo in qualche modo assuefatti, che facciamo finta di odiarla ma ne siamo profondamente attirati; e sa anche che, se potessimo, ci macchieremmo delle peggiori nefandezze se ce ne venisse data l’occasione. Così il film getta una tanica di benzina e un cerino acceso sulla perfetta famiglia media americana: la figlia adolescente di una coppia benestante viene brutalmente violentata, sbeffeggiata e uccisa insieme a una sua amica da un gruppo di squilibrati; saranno proprio mamma e papà, una volta scoperta la verità, a vendicarsi nel peggior modo possibile.

L’Ultima casa a sinistra prende di petto la violenza e ce la sbatte in faccia: Craven sa che la detestiamo ma ne siamo in qualche modo assuefatti, che facciamo finta di odiarla ma ne siamo profondamente attirati; e sa anche che, se potessimo, ci macchieremmo delle peggiori nefandezze se ce ne venisse data l’occasione. Così il film getta una tanica di benzina e un cerino acceso sulla perfetta famiglia media americana: la figlia adolescente di una coppia benestante viene brutalmente violentata, sbeffeggiata e uccisa insieme a una sua amica da un gruppo di squilibrati; saranno proprio mamma e papà, una volta scoperta la verità, a vendicarsi nel peggior modo possibile.

Il film è disturbante nella sua forzata leggerezza, nel suo alternare una violenza fisica e psicologica sempre più forte con la normalità di plastica di tutto il resto. Sangue e follia si mischiano in maniera indissolubile, con conseguenze letali dalle quali, sin dall’inizio, era impossibile sfuggire. Perché la violenza fa parte di noi, anche se facciamo finta di nulla.

Il film è disturbante nella sua forzata leggerezza, nel suo alternare una violenza fisica e psicologica sempre più forte con la normalità di plastica di tutto il resto. Sangue e follia si mischiano in maniera indissolubile, con conseguenze letali dalle quali, sin dall’inizio, era impossibile sfuggire. Perché la violenza fa parte di noi, anche se facciamo finta di nulla.

Quella che ci attende sarà una settimana di grandi maestri dell'horror. Iniziamo da Wes Craven e dal suo esordio cinematografico, una follia con rivolti di analisi sociale sorprendenti.

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20.10.2025 06:54 — 👍 1    🔁 0    💬 0    📌 0
horror cult
blood 
feast
Herschell Gordon Lewis
(1963)

horror cult blood feast Herschell Gordon Lewis (1963)

Il primo film splatter della storia è un concentrato di pessima recitazione, budget bassissimo e una trama assurda e senza alcun mordente, messa li solo per giustificare le gesta di un folle e macabro assassino e le indagini di una polizia ridotta a due improbabili detective. Ma a Blood Feast, datato 1963, va riconosciuto un coraggio assoluto nell’essere stato capace, per la prima volta, di mostrare senza troppe remore sangue e violenza. In anni in cui tutto veniva lasciato all’immaginazione dello spettatore, Herschell Gordon Lewis decide di non filtrare nulla: rispetto al cinema moderno l’azione viene solo fatta intuire, ma le sue conseguenze ci vengono messe sotto il naso.

Il primo film splatter della storia è un concentrato di pessima recitazione, budget bassissimo e una trama assurda e senza alcun mordente, messa li solo per giustificare le gesta di un folle e macabro assassino e le indagini di una polizia ridotta a due improbabili detective. Ma a Blood Feast, datato 1963, va riconosciuto un coraggio assoluto nell’essere stato capace, per la prima volta, di mostrare senza troppe remore sangue e violenza. In anni in cui tutto veniva lasciato all’immaginazione dello spettatore, Herschell Gordon Lewis decide di non filtrare nulla: rispetto al cinema moderno l’azione viene solo fatta intuire, ma le sue conseguenze ci vengono messe sotto il naso.

Per la prima volta non sono la camera o il regista a distogliere lo sguardo per noi ma siamo noi a dover prendere le distanze da ciò che vediamo, a dover chiudere gli occhi o voltare lo sguardo. Fu una svolta profonda e importantissima per l’horror di quegli anni, coadiuvata da una credibilità assoluta dal punto di vista estetico, sia nella realizzazione di un sangue che scorre copioso e abbondante, sia nel modo in cui vengono mostrati arti smembrati, organi vari e macabri cadaveri mutilati.

Per la prima volta non sono la camera o il regista a distogliere lo sguardo per noi ma siamo noi a dover prendere le distanze da ciò che vediamo, a dover chiudere gli occhi o voltare lo sguardo. Fu una svolta profonda e importantissima per l’horror di quegli anni, coadiuvata da una credibilità assoluta dal punto di vista estetico, sia nella realizzazione di un sangue che scorre copioso e abbondante, sia nel modo in cui vengono mostrati arti smembrati, organi vari e macabri cadaveri mutilati.

L’artigianalità diventa parte integrante del processo e si trasforma nella cosa più importante di tutte, più del film stesso e della sua dignità. Per abbinare a tutto questo storie di maggior peso, attori più bravi e una maggiore cura dal punto di vista registico e tecnico ci sarà tempo, ma da Blood Feast niente è più stato lo stesso.

L’artigianalità diventa parte integrante del processo e si trasforma nella cosa più importante di tutte, più del film stesso e della sua dignità. Per abbinare a tutto questo storie di maggior peso, attori più bravi e una maggiore cura dal punto di vista registico e tecnico ci sarà tempo, ma da Blood Feast niente è più stato lo stesso.

Blood Feast non è un gran film ma ha un'enorme importanza per l'horror, visto il modo con cui inserisce il gore e lo splatter per la prima volta nell'horror. Niente da qui in poi è più stato lo stesso.

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19.10.2025 06:42 — 👍 0    🔁 0    💬 0    📌 0
Preview
#6 Di NBA, South Park e Paddington Cosa ho guardato, cosa vi consiglio e cosa sta succedendo. Il meglio (e il peggio) della mia settimana.

Nuovo appuntamento settimanale su Substack.

19.10.2025 05:40 — 👍 1    🔁 1    💬 1    📌 0
horror cult
gli uccelli
Alfred Hitchcock
(1963)

horror cult gli uccelli Alfred Hitchcock (1963)

Pensate a una cosa nel mondo degli horror e dei thriller ed è probabile che Alfred Hitchcock sia stato il primo a realizzarla sul grande schermo e a codificarla in maniera perfetta per le generazioni future. Gli Uccelli non è solo un film capace di costruire la tensione in modo magistrale ma è anche uno dei più fulgidi esempi di horror catastrofico: lo era negli anni ’60 e lo è ancora oggi, nonostante i tanti anni passati e i tanti film di genere usciti nel corso degli anni. Una pellicola di gran classe, che inizia raccontando dello strano rapporto d’amore tra i due protagonisti, della strana e bislacca cittadina marittima in cui vive lui e della disfunzionale famiglia (e comunità di amici e conoscenti) che lo circonda e con cui lei, da sempre vissuta in città, dovrà fare i conti.

Pensate a una cosa nel mondo degli horror e dei thriller ed è probabile che Alfred Hitchcock sia stato il primo a realizzarla sul grande schermo e a codificarla in maniera perfetta per le generazioni future. Gli Uccelli non è solo un film capace di costruire la tensione in modo magistrale ma è anche uno dei più fulgidi esempi di horror catastrofico: lo era negli anni ’60 e lo è ancora oggi, nonostante i tanti anni passati e i tanti film di genere usciti nel corso degli anni. Una pellicola di gran classe, che inizia raccontando dello strano rapporto d’amore tra i due protagonisti, della strana e bislacca cittadina marittima in cui vive lui e della disfunzionale famiglia (e comunità di amici e conoscenti) che lo circonda e con cui lei, da sempre vissuta in città, dovrà fare i conti.

Tutto sembra normale, in una sorta di ritratto della società americana dell’epoca, talmente standard da divenire quasi disturbante: questa particolare dissonanza è direttamente proporzionale con la presenza sempre più inquietante degli uccelli: sempre più numerosi, sempre più minacciosi, sempre più aggressivi. Hitchcock costruisce il suo film a folate sempre più lunghe, sempre più persistenti, sempre più folli.

Tutto sembra normale, in una sorta di ritratto della società americana dell’epoca, talmente standard da divenire quasi disturbante: questa particolare dissonanza è direttamente proporzionale con la presenza sempre più inquietante degli uccelli: sempre più numerosi, sempre più minacciosi, sempre più aggressivi. Hitchcock costruisce il suo film a folate sempre più lunghe, sempre più persistenti, sempre più folli.

Ogni inquadratura, ogni scelta di montaggio è una gioia per gli occhi, coadiuvata da un uso degli effetti speciali che ancora oggi ha dell’incredibile e che ha fatto scuola. Inutile star li a chiedersi quale sia il vero significato del film, se vi siano reali collegamenti con la psicanalisi o intenti di denuncia verso l’umanità e il suo labile controllo su una natura e un pianeta che non è mai stato nostra proprietà. Vedeteci quello che volete, ma questo è soprattutto un capolavoro.

Ogni inquadratura, ogni scelta di montaggio è una gioia per gli occhi, coadiuvata da un uso degli effetti speciali che ancora oggi ha dell’incredibile e che ha fatto scuola. Inutile star li a chiedersi quale sia il vero significato del film, se vi siano reali collegamenti con la psicanalisi o intenti di denuncia verso l’umanità e il suo labile controllo su una natura e un pianeta che non è mai stato nostra proprietà. Vedeteci quello che volete, ma questo è soprattutto un capolavoro.

Non potevamo non citare un film del maestro in questa lista: Gli Uccelli ha una costruzione della tensione magistrale e un uso degli effetti speciali di alto profilo. Non guarderete più chi vola intorno a voi allo stesso modo.

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18.10.2025 07:44 — 👍 1    🔁 0    💬 0    📌 0

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