Maurizio Scaltriti

Questo è 1/90mo del laboratorio in UK. Chiedetemi se sono felice.

Sta benissimo

Sto facendo la valigia ed eccolo immancabile con la sua “faccia da valigia”.

Il Nobel per la medicina di quest’anno è un classico esempio di ricerca di base al servizio della clinica. Quando 30 anni fa i ricercatori premiati iniziavano i loro studi sui linfociti nessuno poteva imaginare che avrebbero contribuito in maniera essenziale alla moderna immunoterapia.

Esatto

I tumori originano essenzialmente da un accumulo di alterazioni genetiche nelle cellule e per cambi del micro-ambiente che permettono loro di eludere il sistema immunitario. E ci vuole tempo.
I cosiddetti turbocancri sono invenzioni di ciarlatani senza scrupoli.

Caffè con vista.

Covid e influenza fatte.

😃

Matematico, ogni volta. Visto che non ho il tempo di presentarlo spesso come vorrei apprezzo che disagiati vari mi facciano il favore di promuoverlo.

Monica mi conosce benissimo.

Oggi tocca alla simpatica Monica recensire il mio libro in maniera costruttiva. Mi aspetto come sempre il balzo in classifica. Dovrei trovare la maniera di ringraziare Barbie.

Si

Dal punto di vista scientifico e epidemiologico credo si debba iniziare per lo meno a 45 anni. Per q riguarda health policies io non posso mettere parola.

Secondo me benissimo

Chi ha bisogno di pubblicità quando c’è la signora Balanzoni?

Spesso, vedi epatite per esempio.

Probabilmente l’uso di anticorpi “armati” con chemioterapici, immunoterapia, terapia mirata contro alterazioni genetiche specifiche, per esempio di Kras, e altre terapia sperimentali attualmente in corso. E, ovviamente, tecnologie per la diagnosi precoce. Non se, ma quando. Fine.

Un’al¬tra cosa molto importante è la caratterizzazione moleco¬lare di questo tumore. L’immunoterapia, per esempio, è molto efficace in certi tipi di cancro al colon che hanno delle modificazioni genetiche che causano di¬fetti nella riparazione del DNA. Cosa ci riserva il futuro?

La diagnosi precoce quindi riveste nel cancro al colon forse un ruolo ancora più importante, proprio perché impiegando così tanto tempo per svilupparsi è relativa¬mente facile «prenderlo in tempo» con screening come la colonscopia, che può salvare letteralmente la vita.

Varie linee di chemioterapia, con o senza anticorpi monoclonali. Questo è anche lo stadio nel quale si testano la maggior parte dei farmaci sperimentali, anche vaccini antitumorali, a volte con no¬tevole successo, spesso legato alla presenza di determi¬nati biomarcatori.

In caso di presenza di metastasi distanti si parla di stadio 4. Sebbene la chirurgia non sia a priori esclusa nemmeno in questi casi, soprattutto quando il tumore può limitare significativamente la qualità di vita del pa¬ziente, in generale la terapia sistemica diventa lo standard.

I linfonodi regionali sono i primi baluardi di difesa al di fuori della parete intestinale. In questo caso lo standard terapico è la chemiote¬rapia post chirurgia o l’immunoterapia. In certi casi la scelta terapeutica dipende dalla caratterizzazione gene¬tica di questo tumore.

In questi casi potrebbe essere prescritta anche chemioterapia o immunoterapia, prima o dopo la chirurgia: dipende da quanto è grande il tumore e da quanto è invaso il tessuto circostante. Lo stadio 3 si caratterizza per l’invasione del tumore fino ai linfonodi drenanti.

Si parla di stadio 0 o 1 quando il tumore non ha rotto la parete intestinale e il trattamento è generalmente confinato alla chirurgia. Stadio 2 quando il tumore ha rotto questa barriera ed è venuto in contatto con i tessuti sottostanti della parete dell’intestino.

Risposta piú lunga: questo si deve essenzialmente alla continuo “logorio” delle cellule epiteliali a seguito dell’infiammazione e alla conseguente proliferaione cellulare necessaria per riparare i danni. Di quanto? Dipende dal tipo di infiammazione e da quanto tempo è presente.

Negli Stati Uniti si comincia a 45anni con la colonscopia ma non escludo che si arrivi ad anticipare ulteriormente questo tipo di screening. Molti mi hanno chiesto se Chron o altre patologie infiammatorie aumentano il rischio di cancro al colon. Risposta corta: purtroppo sí.

Quindi il tempo ne¬cessario per sviluppare un cancro al colon è tale da con¬sentire di prenderlo in tempo se facciamo, per esempio, una colon¬scopia ogni 5/7 anni. In futuro saranno disponibili indagini anche meno “invasive” e fastidiose come DNA tumorale nelle feci.

Un campanello d’allarme che non andrebbe mai tra¬scurato è il sanguinamento. Non tanto quando si trova una goccia di sangue rosso, ma quando si trova sangue nero nelle feci. Se e quando questo succede consiglio vi¬vamente di appro¬fondire con indagini diagnostiche specifiche.

Ma quindi, se serve così tanto tempo al tumore per svi¬lupparsi, per¬ché troppo spesso arriviamo tardi? Perché generalmente questi tumori non danno sintomi o danno sintomi molto blandi o ge¬nerici, come diarrea o costipazione, che possono essere scambiati per qualsiasi cosa.